sabato 25 febbraio 2012

SPORT E LAVORO: STESSI OSTACOLI PER DONNE E ATLETI

Le professioniste e gli atleti hanno una cosa in comune: gli ostacoli psicologici da affrontare per avere successo e fare carriera nel proprio ambito. Lo sostiene l'ex allenatore olimpico, Nad Philips. In particolare, l'attuale business coach, e consulente della multinazionale della formazione Cegos, avrebbe individuato quattro blocchi che limiterebbero al contempo le possibilità di successo di donne e sportivi. Il primo jobstacle (gioco di parole tra i termini inglesi «job» – lavoro e «obstacle» – ostacolo) riguarda così la paura di competere: secondo Philips, molte donne non fanno progressi di carriera proporzionali alle proprie potenzialità, perché non si sentono a loro agio durante la competizione: svilupperebbero, in altre parole, un ottimo spirito di squadra, ma tenderebbero, al contempo, ad aver paura di distinguersi rispetto al resto del gruppo. Anche un buon numero di atleti professionisti condividerebbe peraltro la stessa difficoltà. Philips ricorda di aver lavorato con uno sportivo professionista particolarmente bravo in allenamento, che non riusciva però a esprimersi al meglio durante le partite, perché temeva di perdere il sostegno dei propri compagni di squadra se si fosse dimostrato troppo bravo. Tuttavia, dopo aver condiviso le proprie preoccupazioni con il resto del team, le prestazioni dello stesso atleta migliorarono sensibilmente. Alcune donne, spiega perciò Philips, potrebbero aver bisogno di una conversazione simile con i propri colleghi.Il secondo Jobstacle riguarda il timore di non poter vincere: le donne lavoratrici affrontano quasi sempre più pressioni, in termini di tempo, rispetto agli uomini, soprattutto perché sono spesso più impegnate di questi ultimi nei lavori domestici. Oltre a ciò, sono frequentemente convinte di non avere reali possibilità di promozione o di non avere sufficiente energia e tempo per cercare un lavoro più impegnativo. Secondo Philips, perciò, le donne dovrebbero prendere consapevolezza del proprio nucleo di convinzioni limitanti, per potersene finalmente disfare e sviluppare al massimo le proprie potenzialità.
Il terzo jobstacle è quindi l'assenza del giusto allenatore. Per l'ex coach olimpico, infatti, le professioniste hanno bisogno di circondarsi di persone che credano in loro e le incoraggino. Tali messaggi possono venire da amici o mentori sul lavoro. Ma anche da un business coach professionista. A patto naturalmente che si tratti dell'allenatore giusto per le loro esigenze.
Il quarto e ultimo jobstacle, infine, ha a che fare con la tendenza a rimanere nella stessa gara troppo a lungo. Molte donne in carriera, che riescono a raggiungere il top del proprio settore, mostrerebbero, infatti, secondo Philips, una certa propensione a rimanere in quella che alcuni psicologi del lavoro chiamano la zona di comfort. Il rischio è quello di annoiarsi, e conseguentemente di diminuire il livello delle proprie prestazioni, oppure, peggio ancora, di diventare burn-out (di non essere, cioè, più competitive sul mercato). Un altro esempio sportivo può aiutare a comprendere il concetto: dopo un infortunio alla schiena e un estenuante anno di riabilitazione, uno sciatore allenato in passato da Philips era finalmente riuscito a tornare di nuovo sulle piste. Tuttavia divenne ben presto evidente che non era più disposto a correre gli stessi rischi che era, invece, abituato ad affrontare prima del trauma. Decise, quindi, di smettere, mentre era ancora al top, e di passare a una nuova carriera fuori dalle piste. «Mi capita, invece, con una certa frequenza di incontrare persone incapaci di imprimere una svolta alla propria vita quando il tempo è maturo», racconta l'ex allenatore olimpico. «Restare impigliati in questo jobstacle troppo a lungo significa, però, mettere a repentaglio le proprie possibilità di trovare nuovi sbocchi e di affrontare al meglio le mutate condizioni». (Newsletter Job in Tourism)

1 commento:

Amalia ha detto...

Io aggiungerei un quinto jobstacle: incontrare persone che "tagliano le gambe" e spesso purtroppo sono esse stesse donne!...ma a parte questo credo che quando si ha la fortuna di lavorare in ambienti aperti dove le idee possono spaziare ed accrescersi tutti possano trarne vantaggio. L'importante è non perdere mai l'entusiasmo e portare avanti con coraggio autocritica idee ed altruismo...avendo a cuore l'interesse della prorpia azienda e amore per il proprio lavoro.